di Lucia Zitti
Ai 220 miliardi di euro del Pnrr, le banche potrebbero aggiungere altri 200 miliardi di finanziamenti collegati ai progetti del governo.
Dal punto di vista della quantità, i fondi non sono pochi. La differenza, rispetto agli sprechi del passato, la farà la qualità dell’investimento e la rapidità e l’esecuzione dei progetti e questo vale in tutti gli ambiti: il Sud, la scuola, la sanità, la transizione digitale, l’ambiente e le infrastrutture.
Il Recovery Plan è un pezzo di un piano di rilancio del nostro Paese: il Pnrr è un tassello, nei prossimi cinque, sei anni l’Italia potrà investire il doppio o il triplo se si considerano tutti gli investimenti pubblici statali e i fondi europei.
Le sfide sono la regia unica, la trasparenza, la realizzazione, la semplificazione. E poi sarà fondamentale difendere le decisioni che spesso vengono bloccate o impugnate, da soggetti pubblici e privati. Poi bisognerà scatenare le energie della pubblica amministrazione e dei privati.
La pubblica amministrazione deve essere uno stimolo fondamentale, ma molto possono fare le imprese e il no-profit: le leggi in questo senso già ci sono. Ma le vere riforme vanno finanziate e spinte. La ripartizione dei soldi del Recovery Fund è destinata comunque a creare polemiche, a dividere perché alla base di molti partiti, nel loro Dna c’è la volontà di dividersi e comunque gli scontenti ci saranno sempre.
Fonte: Adnkronos