di Federica Unnia
Il cambiamento climatico sull’arco alpino ha un impatto importante sugli spostamenti e sui ritmi di attività degli ungulati, ponendo interrogativi sulla loro futura capacità di adattamento alle crescenti temperature: è ciò che emerge dallo studio pubblicato su Ecology Letters – tra le più importanti riviste internazionali nel settore – dal titolo “Behavioural heat-stress compensation in a cold-adapted ungulate: Forage-mediated responses to warming Alpine summers” frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova (DAFNAE) e il Dipartimento Biodiversità e Ecologia molecolare del Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Edmund Mach.
La ricerca, coordinata dal professor Maurizio Ramanzin, del Dipartimento DAFNAE dell’Università di Padova, e dalla dottoressa Francesca Cagnacci, della Fondazione Edmund Mach, è stata condotta dal 2010 al 2017 nell’area dolomitica della Marmolada su 24 femmine di stambecco in età riproduttiva.
Per la prima volta sono stati integrati i dati da sensori apposti sugli animali, per individuarne i movimenti e l’attività di foraggiamento e di riposo, dati da remote sensing, per descrivere la variazione spazio-temporale dell’abbondanza e della qualità della vegetazione, protocolli di osservazione diretta sul campo, per confermare la presenza del capretto al seguito delle femmine, e proiezioni climatologiche per quantificare le condizioni ambientali che lo stambecco si troverà a fronteggiare in futuro.
I ricercatori hanno così potuto ottenere un quadro completo dell’ecologia e del comportamento di questa specie in dipendenza dai fattori ambientali, ma anche fornire una prospettiva di studio innovativa che possa essere applicata ad altre specie particolarmente soggette al cambiamento climatico.
Il tema dell’impatto del riscaldamento globale sugli ungulati alpini è molto dibattuto nella comunità scientifica. Grazie all’approccio multidisciplinare della ricerca è stato possibile modellizzare gli adattamenti comportamentali dello stambecco a un ambiente estremo e fornire elementi predittivi sui rischi connessi con l’inesorabile innalzamento delle temperature legato al riscaldamento globale.
Fonte: AGI