di Giulio Oppi
Al centro della politica di ripresa dell’UE c’è un nuovo termine che si è affermato nel corso del tempo fino a divenire la parola chiave della nuova rivoluzione industriale: la sostenibilità. Basti pensare infatti all’accelerazione della doppia transizione verde e digitale per comprendere la scelta semantica e simbolica, o all’agenda 2030 delle Nazioni Unite, dove sono stati elencati 17 obiettivi di sviluppo sostenibile declinati in 240 indicatori e 169 target. Insomma, l’intento è di superare l’idea che per sostenibilità si debba intendere solo una questione ambientale e affermare una visione a 360° sulle varie dimensioni dello sviluppo inclusivo, volto a migliorare le condizioni di vita di ogni essere umano, a garantire la produttività aziendale e un lavoro decoroso a tutti.
Non si tratta, dunque, solo di cambiare in chiave sostenibile i modelli di consumo e produzione per fronteggiare il cambiamento climatico e l’impatto che ne avrà sul pianeta e la società stessa, ma l’Unione Europea stessa affida all’industria il ruolo di fornitore di prosperità, cioè come motore che avvia la macchina di uno sviluppo basato sul rispetto del pianeta e su nuovi paradigmi di produzione che pongano al centro del processo produttivo aziendale il benessere di ogni lavoratore.
Fonte: Adnkronos