di Anna Ricco
Ponte Morandi era il ponte delle emozioni, di chi lo attraversava e poteva vedere il mare, i monti e la città. Genovesi, famiglie, turisti, trasportatori. Quel ponte allargava il cuore prima e lo allarga ora a chi passa sopra veloce, anche per la prima volta, sulla nuova struttura. Perché è profondo nella sua estrema semplicità, perché Renzo Piano ha disegnato un gioiello di architettura: 43 lucine intermittenti per ricordare le 43 vittime.
Per la prima volta abbiamo avuto il permesso di entrare nella sua pancia. Ci si arriva con gli scarponcini, attraversando gli orti sulla collina di Cornigliano e dentro c’è tutto quello che in un ponte non si penserebbe mai di trovare: quello di Genova, inaugurato il 4 agosto dopo il crollo del Morandi del 14 agosto 2018, è un esempio di tecnologia. Tutto è perfetto, monitorato, controllato, anche i robot che vanno avanti e indietro per pulire i vetri o per liberare la condensa.
Il ponte si muove per dilatazione di circa 20 centimetri verso Ponente e verso Levante e di circa 5 centimetri verso monte e verso mare. I dati vengono costantemente elaborati e mandano segnali in caso di anomalie.
Il robot esterno scatta 20 mila foto in 12 ore e monitora tutta la struttura. All’interno della struttura c’è l’impianto fotovoltaico che serve un terzo del fabbisogno elettrico.
Dalla sua pancia si possono sentire i rumori delle macchine che sfrecciano via, mentre gli sguardi scorrono verso alle luci e al panorama. Ed è proprio tra mare e monti che sorge un capolavoro capace di trasmettere emozioni a chi lo percorre dopo la tragedia che è costata la vita a 43 persone.
Un ponte che adesso è curato e coccolato e che va trattato come una cosa preziosa.
Fonte LaPresse